martedì 3 maggio 2011
il mercato di Giorgio Gaber.........
di Mauro Miccolis
Che cosa è una Lobby? Lobby è un termine anglosassone, il cui significato letterale (vestibolo,atrio) è molto lontano da ciò che è realmente, ma suggerisce il luogo dove puoi trovare facilmente un lobbysta: nell’atrio, o vestibolo dell’ufficio di qualche politico.
Nell’immaginario collettivo, sono associazioni più o meno segrete o non dichiarate, difficili da individuare, di uomini d’affari che tramite il loro grande potere economico influenzano le decisioni dei politici piegandoli ai loro interessi.
Ed effettivamente le lobby sono dei “gruppi di pressione” (o “gruppi di interesse”) che operano in favore di un gruppo interfacciandosi con la politica, solo che contrariamente a quanto si crede, non sono illegali o segrete.
In America ad esempio, operano in piena legalità, e sono regolamentate dalla legge; in piena legalità pagano i rappresentanti del congresso per ottenere leggi favorevoli ai loro interessi:
“Se da un punto di vista democratico, il Congresso degli Stati Uniti è l’istituzione più corrotta del mondo, non vi è nulla però sul piano penale. In tutta legalità i gruppi di interesse hanno speso 32 523 dollari per ogni parlamentare e ogni giorno di sessione per comprare i loro voti. Ciò che altrove è giudicato come un’attività criminale è ammessa come un semplice affare in un paese che rifiuta la nozione di interesse generale e fonda la rappresentatività parlamentare su coalizioni di interessi particolari.”1
Finché esisterà un governo federale che distribuisce fondi, gli agenti del lobbying americani, aumenteranno le loro spese di anno in anno per guadagnare i favori di quelli che fanno le leggi. Vediamo questo genere di spese crescere di anno in anno – più del cento per cento negli ultimi dieci anni – e l’aumento di attività che ha caratterizzato il primo trimestre del 2009 indica che la tendenza si manterrà anche nel prossimo futuro.
In Italia,fanno lobby, le grandi imprese private, come la Fiat; quelle pubbliche, come l’ Eni o l’ Enel; i sindacati e la Confindustria, i consumatori e gli ambientalisti, i notai e i tassisti, i costruttori e i commercianti, le banche e le assicurazioni. La fa pure la Chiesa, si sa.2
Tuttavia ad oggi non esiste una legislazione che ne regolamenti l’esercizio; ma c’è qualcuno che sta tentando di far emergere queste associazioni e regolamentarle, con queste parole Giuseppe Mazzei, direttore del Chiostro, illustra la situazione del nostro Paese:
“c’è un’ignoranza di fondo sull’argomento perché non è che esistano tanti ambiti in cui se ne discute. Poi a molti fa comodo la situazione attuale, cioè uno scellerato patto di coalizione tra alcuni lobbisti che vogliono fare i lobbisti all’antica, cioè nell’ombra, e alcuni politici che preferiscono, discrezionalmente, tenere rapporti, si spera corretti, ma senza dare evidenze e trasparenza. Tutto questo non aiuta, né gli uni né gli altri, tanto meno la democrazia.”3
In questi ultimi anni, dove c’è stata una caduta verticale dei partiti come soggetti di intermediazione degli interessi, dove, i processi decisionali sono caratterizzati da farraginosità e opacità, hanno favorito la necessità da parte dei vari gruppi con interessi economici di servirsi delle lobby.
Formalmente l’attività di un lobbysta, consiste nel portare avanti gli interessi di un’azienda o di un ente istituzionale influenzando decisioni politiche e processi di formazione delle leggi. Oggi, in Italia, il lobbista viene percepito dai molti in maniera negativa,le cause principali della cattiva reputazione sono due: la prima culturale e la seconda politica. Questa professione è stata esercitata per anni da giornalisti ed ex parlamentari, che non sono stati sempre rigorosi nel loro ruolo e ciò ha contribuito soltanto ad aggravare la concezione del lobbista.
Il lobbista dovrebbe mettere in luce le caratteristiche di una certa tematica, quindi la sua figura dovrebbe essere vista come una componente positiva nel processo decisionale, ma essendo stata spesso oggetto di un’informazione unilaterale e poco chiara, ha soltanto accentuato il lato negativo.
Tuttavia esistono dei limiti che il lobbysta non dovrebbe superare durante l’esercizio delle sue funzioni; infatti un’azione di pressione o influenza su un decisore pubblico può presentare degli aspetti discutibili sotto il profilo etico e penale. E’ ovvio che un lobbysta non dovrebbe proporre interessi personali in netto contrasto con l’interesse pubblico; ciò sarebbe antidemocratico e illegale; dovrebbe essere compito del decisore pubblico tutelare la collettività.
Ad esempio le lobby sull’energia fanno pressioni sul governo affinché si realizzino impianti come gli inceneritori o le centrali nucleari, impianti insalubri, incompatibili con l’ambiente e la vita; altre lobby economiche esercitano pressioni per la privatizzazione dell’acqua. Un decisore pubblico responsabile, non avrebbe dubbi sul come rispondere, ed invece i cittadini italiani si devono difendere utilizzando i referendum.
E’ evidente che l’indebolimento dello Stato Italiano negli ultimi venti anni (partiti, rappresentazioni sindacali), unito ad un distacco pressoché totale tra gli interessi della popolazione e quelli dei partiti, la bassa partecipazione della popolazione alla politica, sta facendo crescere il potere delle Lobby, le quali a mio avviso vorrebbero americanizzare le nostre Istituzioni, nel senso descritto sopra.
Considerando dunque queste premesse, se ci si propone di disciplinare in Italia l’attività di lobbying, non si possono eludere questioni di fondo legate al ruolo di partiti e sindacati in Italia. Ma importante è dunque capire se i sindacati e i partiti svolgono ancora un ruolo di primo piano, o se gli impulsi fondamentali per la formazione di decisioni politiche partono ancora da lì. In Italia vi è chi propone ciclicamente di regolamentare il lobbying ma il punto è quanto regolamentare e non se farlo o meno.
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