sabato 23 gennaio 2010

lo sfascio delle sanità publica in campania.....




No all'"assistenza indiretta". No all'accorpamento di Asl e distretti. No alla privatizzazione e al federalismo fiscale
Governo e regione vogliono smantellare la sanità pubblica in Campania
Chiudono ospedali, reparti e ambulatori, pazienti allo sbando, ondata di pignoramenti sui beni delle Asl

Dal nostro corrispondente delle Campania
Il mostro a due teste, privatizzazione e federalismo, stanno cancellando la sanità pubblica in Campania. Il governatore Bassolino e la sua giunta antipopolare per evitare il commissariamento del settore più volte minacciato dal ministro Sacconi, hanno deciso di commissariare le Asl per attuare un drastico "piano di rientro".
A beneficiarne saranno solo le banche che grazie all'operazione "Soresa" (anticipo del debito stratosferico nei confronti del privato convenzionato) terranno sotto scacco per ben trent'anni i fondi pubblici regionali e sotto controllo i politicanti borghesi (in primis manager e assessori alla sanità), e i pescecani della sanità privata che speculano sulla salute e che continuano indisturbati a saccheggiare gli appalti delle amministrazioni pubbliche e, tramite mafiosi in camice bianco, ambiscono a monopolizzare l'intero settore dei servizi sanitari convenzionati, pagati dai malati con i ticket e le "compartecipazioni alla spesa", in vertiginosa ascesa.


Com'era accaduto periodicamente nel recente passato con le "proteste-ricatto" dei farmacisti, dal 16 novembre e fino al 31 dicembre anche i centri di radiologia convenzionati (solo a Napoli sono 57, oltre 200 in tutta la Regione) sono passati all'"assistenza indiretta", sospendendo le prestazioni per conto del Ssn, ciò significa che radiografie, risonanze magnetiche, ecografie, tac e scintigrafie sono a pagamento e a totale carico dell'assistito in tutta la Regione. Sul piede di guerra anche farmacie, strutture di riabilitazione e lungodegenza, centri di dialisi e laboratori d'analisi che usano come arma di ricatto la sospensione dell'assistenza (sapendo di avere il semimonopolio) e il licenziamento dei dipendenti e che stanno pressando le banche "intermediarie" dell'operazione Soresa (tra cui la Deutsche Bank) ad incrementare la già spaventosa mole di azioni legali e di pignoramenti nei confronti dei beni delle Asl.
Occorre quindi che i sindacati, in primis la Cgil, proclamino subito lo sciopero generale e la lotta di piazza per dire No alla sanità a pagamento e al pignoramento dei beni e per fermare la demolizione del Ssn, a partire dalla delibera del 23 marzo 2009 varata dalla giunta Bassolino che sempre con la scusa di ripianare la voragine finanziaria ha dimezzato le Asl (da 13 a 7) e i distretti sanitari (da 97 a 72).
Di seguito un quadro della drammatica situazione degli ospedali e degli altri "servizi" sanitari in alcune province campane.

Napoli
Il 3 ottobre scorso è stato definitivamente chiuso lo storico ospedale del Centro di Napoli Gesù e Maria, con annessi reparti e servizi della Seconda università e della Asl Napoli 1: rispettivamente il dipartimento di malattie infettive, la medicina interna, la clinica di otorinolaringoiatria, gli ambulatori e il servizio di foniatria e audiologia per la Sun, i servizi per le tossicodipendenze (Sert) e salute mentale (Sir). Cancellate anche una Casa famiglia che dava assistenza e ospitalità a venti pazienti con grave disabilità psichiatrica, le strutture per l'aggiornamento professionale, la Guardia medica e il servizio Stp per l'accesso ai servizi minimi di assistenza per gli immigrati.
I pazienti, tra cui ci sono ammalati di Aids, cirrosi, trapiantati, eccetera, sono letteralmente allo sbando e non hanno ricevuto uno straccio di avviso ufficiale sulla sospensione dei servizi. Alcuni di loro si sono recati a protestare ricevendo selvagge manganellate dalle "forze dell'ordine".
Gravissima la situazione per le famiglie dei pazienti psichiatrici, nel centro di Napoli si può parlare di interruzione di pubblico servizio, visto che anche la struttura di Monte di Dio è stata recentemente sfrattata dopo oltre venticinque anni di attività.



La motivazione del mandato di sequestro dell'ospedale da parte della magistratura che parla di inagibilità della struttura e altre violazioni delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza, non possono essere una giustificazione semmai sono una aggravante per i vertici politici e aziendali. Si tratta infatti di una decisione annunciata, ben nota sia all'assessore Mario Santangelo che al Commissario dell'Asl Maria Grazia Falciatore, capo di Gabinetto del presidente della Regione Campania, i quali non solo non hanno mosso un dito per garantire un'adeguata assistenza agli sfollati, ma continuano a tacere sul destino della struttura, a testimoniare che il vero scopo dell'operazione di sgombero è quello di cominciare ad attuare, senza proteste, il drastico piano di dimezzamento della rete ospedaliera e di servizi voluto da giunta e commissario straordinario.
Questo piano, ricordiamo, prevede per la città di Napoli la chiusura degli ospedali del centro (Ascalesi, Annunziata e Loreto Mare), che andrebbero a confluire nel costruendo Ospedale del Mare di Ponticelli. Questa faraonica struttura (450 posti letto con annesso ristorante, albergo, centro commerciale e chiesa) per cui sono stati stanziati 188 milioni in "project financing", secondo un accordo tra Asl e il colosso delle costruzioni Astaldi - che entrerà nella gestione -, è in alto mare. Avrebbe dovuto entrare in funzione nel 2009, mentre ora si parla del 2012 visto che è finito al centro di numerosi episodi di corruzione che hanno visto coinvolto anche l'ex-assessore Angelo Montemarano.




Nel 2007, ad esempio, si scoprì che la metà del cantiere dell'avveniristico ospedale era fuorilegge in quanto a sicurezza sul lavoro: ponteggi fuori norma, operai in bilico sulle scale, cinghie di sicurezza mancanti e quant'altro, per non parlare dei subappalti gestiti dal consorzio d'imprese "Osmar" che coinvolge un nugolo di imprese, ben 37! Chi le controllerà? Il Servizio di prevenzione della Asl diretto dall'ingegnere Scalzi che dovrebbe lavorare su tutti i cantieri cittadini (circa tremila) con solo nove ispettori e tre ingegneri.

Tra le strutture che sembrano destinate a chiudere nel centro di Napoli c'è anche il Policlinico universitario di Piazza Miraglia della Sun, per il quale sono stati spesi 200mila euro per installare un ascensore e rinforzare la struttura, e che attualmente dispone di circa 250-300 circa posti letto base che saranno così trasferiti: 100 posti letto circa saranno spostati al Monaldi dove già ci sono alcune specializzazioni dell'università Sun; 70 posti letto andranno al nuovo policlinico della Federico II; altri 40 posti letto al Cto; 80 posti letto, infine, all'ospedale San Sebastiano di Caserta.

Caserta
Chiuso l'ospedale di Teano (alto casertano), con un'utenza di oltre 60.000 abitanti, dove i posti letto pubblici disponibili erano appena mezzo per ogni mille abitanti. L'ospedale aveva un Pronto soccorso vitale per tutta la zona, adesso si dovrà andare nel basso Lazio o in Molise.
Benevento
I comitati di lotta del Fortore hanno promosso manifestazioni e presidi per bloccare l'accorpamento dei distretti di Morcone, San Bartolomeo, San Giorgio del Sannio.
Non solo, la Asl di Benevento ha deciso anche di chiudere l'unico servizio psichiatrico di emergenza del Sannio operante 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno situato nell'ospedale Rummo. Il servizio si trova in una posizione baricentrica rispetto all'utenza per l'80% proveniente da Benevento, dall'Alto Tammaro e dal Fortore, mentre quello di Sant'Agata dei Goti è quasi irraggiungibile visto che mancano le strade e collegamenti pubblici efficienti come quelli che collegano il capoluogo del Sannio con la provincia. "Lo spostamento del servizio a 50 o 100 chilometri da dove vivono e lavorano i pazienti, le loro famiglie, gli amici e il personale medico e paramedico che li segue da anni - secondo i promotori della protesta - sta creando un caos organizzativo nell'intero servizio psichiatrico pubblico sannita". "La Motivazione 'formale' della chiusura è la necessità di tagli alla spesa sanitaria. Ma questa non regge nel calcolo costi/benefici, perché non solo non si risparmierà, e qualunque prezzo pagato per un 'non servizio' alla fine sarà troppo alto", si legge nel comunicato del comitato di protesta cui hanno aderito, fra l'altro, la Caritas, le Acli, I Giuristi Democratici, i sindacati dei dirigenti come la Fesmed, quelli di base Rdb/Cub e Fsi.
Altre proteste sono in corso nel Sannio contro la trasformazione in Rsa dell'Ospedale di Cerreto Sannita, con la contestuale apertura dell'Ospedale di S. Agata del Goti, l'ospedale-scandalo in costruzione da più di 50 anni, con relativo trasferimento, nell'ambito della Asl, del personale necessario dall'Ospedale di Cerreto Sannita. Infine l'Ospedale Fatebenefratelli dove sono stati tagliati 49 posti letto.

Salerno
Salerno. Anche nel salernitano lo sfascio la fa da padrone. Le tre Asl sono state accorpate nell'Asl Sa/1 con Commissario il dottore Fernando De Angelis, coordinatore area Bilancio Regione Campania. Ancora incerta è la sorte dei presidi ospedalieri di Roccadaspide, di Sapri e di Agropoli (che serve una popolazione estiva di 400mila persone) tra ipotesi di accorpamento, riconversione e declassamento. Per Agropoli il sindaco della città capoluogo, il neopodestà Vincenzo De Luca, che è stato anche presidente della Conferenza dei Sindaci dell'Asl Sa/2, aveva proposto una riduzione di posti letto da 121 a 22.
In tutta la fascia costiera del Cilento non c'è un servizio di Pediatria di emergenza né una camera iperbarica, necessaria per la rianimazione a seguito di incidenti a natanti e subacquei e il Piano approvato dalla Commissione Regionale non la prevede, occorre salire in montagna, a Vallo della Lucania! Per quanto riguarda l'Ospedale Ruggi d'Aragona di Salerno mancano addirittura i soldi per il riscaldamento, mentre semplicemente da Terzo mondo è il "degrado" del Presidio Ospedaliero - Azienda Sanitaria San Arsenio, nel vallo di Diano (Cilento).
Particolarmente preoccupante è poi la paventata chiusura dei piccoli ospedali delle zone interne, è il caso del presidio di Roccadaspide, come denuncia un'ammalata: "Soffro di distrofia muscolare di Duchenne - denuncia - ho seri problemi cardiaci e respiratori, quando avrò una crisi o un attacco, quando avrò uno scompenso, morirò perché non arriverò in tempo a Battipaglia, ad Agropoli, a Vallo della Lucania o Sapri. L'ospedale di Roccadaspide è a dieci minuti da casa mia, gli altri sono a un'ora di strada, traffico permettendo. Per un ammalato nelle mie condizioni - conclude - è un'inesorabile condanna a morte".
Nel 2008 il Policlinico della Sun ha registrato circa 14mila ricoveri ordinari e 60mila day hospital, oltre a circa 115mila prestazioni ambulatoriali, senza dimenticare i numerosi centri regionali di riferimento come quello dell'oncologia pediatrica, della diabetologia pediatrica, della talassemia, quello dei Trapianti d'organo o dell'Aids. La facoltà di Medicina del centro storico di Napoli oggi conta oltre 6 mila studenti, 15 corsi di laurea triennali, 3 corsi di laurea magistrale, due corsi di laurea specialistica e due corsi interfacoltà, 52 scuole di specializzazione, circa 600 unità di personale docente e ricercatore e circa 1.500 unità di personale tecnico amministrativo.

Emergenza. Per il 118, il sistema d'emergenza regionale, anch'esso concesso in monopolio ai convenzionati che ora battono cassa, l'allarme è stato lanciato dal commissario della Croce Rossa Italiana partenopea, Paolo Monorchio nel corso di una conferenza stampa che fa seguito a vari appelli lanciati negli ultimi mesi. "Per garantire il servizio sanitario di emergenza in questi anni siamo stati costretti a tagliare altri servizi essenziali come l'assistenza agli anziani, agli indigenti ed altro - ha spiegato Monorchio - Il credito vantato dalla CRI è di oltre cinque milioni e mezzo di euro dei quali oltre quattro milioni devono essere pagati dalla Asl Napoli 1 e il restante all'Asl Napoli 2 e all'Azienda ospedaliera Cardarelli. Queste cifre riguardano gli anni che vanno dal 2004-05 al 2007. Non volendo chiedere alcun pignoramento nei confronti dell'Asl Napoli 1 e Napoli 2 Nord abbiamo fatto una procedura semplificata con la Soresa affinché ci fosse dato quello che ci spettava ma le cose non sono andate per il verso giusto, perché per quanto riguarda la Asl sappiamo che la cifra è arrivata ma che è stata pignorata".


IL BOLSCEVICO N.3 del 20 gennaio 2010