Abilmente travestiti da Gianni e Pinotto, i due più pericolosi rapinatori del paese hanno messo a segno il loro colpo migliore. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, quelli che hanno aumentato di 250 miliardi il debito pubblico in tre anni (chapeau!), hanno compiuto il più grande furto della loro epoca. Sacconi faceva il palo, e anche per questo è strano che non li abbiano presi. Vittime della rapina: ceti medi e bassi penalizzati dal taglio dei servizi e dell’assistenza (che i rapinatori astutamente chiamano tagli ai costi della politica), e quella parte minoritaria di ceti medi e medio-alti che paga le tasse. Beneficiari della rapina, le categorie protette dal governo Berlusconi: i super-ricchi che vivono di rendite e gli evasori fiscali. Mentre si valutano gli effetti della rapina, i rapinatori si mostrano dispiaciuti. È un vecchio trucco: il povero Silvio si duole di aver derubato gente per bene e aiutato i soliti delinquenti a cavarsela ancora una volta, è contrito di aver messo le mani nelle tasche degli italiani, invece che, come tradizione e vanto, sul culo delle italiane. Si registrano, in più, alcuni testacoda assai divertenti.
Quello del vicedirettore di Libero, per esempio, un certo Bechis che annuncia: «Mi autosospendo da elettore del centrodestra». Uh, che ridere! Sarà lo stesso Bechis che in decine di occasioni abbiamo visto in tivù strologare sul genio di Silvio? Non sarà un po’ comodo autosospendersi adesso? Dove ha vissuto negli ultimi anni, su Saturno? resti lì, Bechis, andiamo, un po’ di dignità! Sorprendente anche un certo Feltri Vittorio, che sbraita e strepita sulla manovra iniqua, e che avrebbe preferito, bontà sua, una patrimoniale e una riforma delle pensioni. Niente male per uno che è andato in pensione a 53 anni (nel ’97) e che negli ultimi decenni è stato il primo tifoso del padrone di Arcore, e da lui sontuosamente stipendiato. È proprio vero: quello dei topi che fingono di abbandonare la nave è uno spettacolo unico, straordinario, impagabile. Peccato davvero che invece ce lo facciano pagare. E carissimo, anche.
fonte articolo 'Il Manifesto'